Solti 100
26.10.2012

Solti 100

Cento anni fa nasceva Sir Georg Solti.
L’evento, ricordato in forma solenne in altri Paesi (particolarmente USA, Gran Bretagna e Ungheria) è passato praticamente inosservato in Italia.
Anche il concerto straordinario di Chicago, diretto da Valery Gergiev sul podio della World Orchestra for Peace, fondata dal Maestro poco prima della morte, è stato trasmesso in diretta in varie nazioni, sarà visibile in chiaro domenica 28 sul canale satellitare Arte, ma è stato ignorato in Italia, con buona pace degli appassionati e degli ammiratori del Maestro.
Rimangono a ricordare l’evento una serie notevole di cofanetti che Decca, la casa discografica per la quale il Maestro incise per oltre 50 anni (un autentico record), ha annunciato, fra cui una strepitosa rimasterizzazione del “Ring” wagneriano arricchita, oltre che dell’incisione in CD, di un DVD, della versione DVD audio e di ampio materiale illustrativo.
Alla luce di tutto questo una domanda sorge spontanea. Perché oggi bisogna ancora ricordare Sir Georg Solti? Chi scrive lo conobbe nel 1986, durante un concerto a Bologna in occasione delle celebrazioni dell’università organizzato da Carlo Fontana, all’epoca sovrintendente del Teatro Comunale, grande ammiratore del direttore (che avrebbe poi invitato più volte nel corso della sua sovrintendenza scaligera), e da allora ebbe con lui una frequentazione assidua fino all’anno della morte, collezionando una serie incredibile di ricordi indelebili.
Al di là dell’indubbio valore musicale che lo colloca fra i direttori immortali di tutti i tempi, attestato dai numerosissimi premi Grammy vinti (oltre quaranta, un record difficile da superare per qualsiasi artista, classico o meno: il Maestro li esponeva orgogliosamente allineati l’uno di fianco all’altro nel suo studio di Londra) e dai riconoscimenti avuti (memorabile la sua direzione della conclusione de “Il cavaliere della rosa” ai funerali di Richard Strauss, con gli artisti che cantavano in lacrime), Solti rappresenta una figura unica e un esempio di integrità particolarmente attuale ai nostri giorni.
Invito tutti a leggere la biografia “Memoirs”, scritta insieme ad Harvey Sachs e purtroppo disponibile solo in lingua inglese e in varie traduzioni ma non in italiano, o a visionare uno dei molti documentari in cui il Maestro ripercorre la sua carriera, dalle origini travagliatissime, davvero drammatiche, degli anni ’30, fino alla gloria e al successo.
La vita di Solti è un esempio di proattività e tenacia che ha davvero pochi eguali. Tutto ciò, unito al talento, ha generato i risultati sotto gli occhi di tutti.
Tralascio di parlare della giovinezza trascorsa tra mille peripezie esule all’estero, fra le difficoltà della guerra e le notizie frammentarie sulla famiglia: emblematico il telegramma del padre di due sole parole inviatogli in Svizzera. “Non tornare”.
La vicenda artistica di Solti è un esempio pratico del “faber suae quisque fortunae” latino
Registrazioni come quella del “Ring” degli anni ’50, ben documentate dai testi del produttore John Culshaw, testimoniano come tali progetti fossero all’epoca a dir poco avveniristici. Il producer ricorda i commenti scettici dei colleghi su come i risultati non avrebbero mai neppure lontanamente ripagato gli sforzi tecnici ed economici sostenuti. Il fatto che oggi queste incisioni, a lungo best seller e fino a pochi anni fa vendute ancora ad alto prezzo, costituiscano pietre miliari della tecnica di registrazione, oltre che traguardi artistici presumibilmente irripetibili, in quanto frutto di una età dell’oro wagneriana senza pari, siano tuttora giudicate di riferimento la dice lunga sulla cura e sul valore di questi progetti.
La vita artistica di Solti è emblematica di un continuo alzare l’asticella a livelli sempre più difficili e sempre superati: il traguardo del milione dei CD venduti, passato per primo, i Grammy vinti, le due integrali beethoveniane a Chicago seguite da un progetto mai realizzato di una terza con i metronomi beethoveniani originali (concetto quasi blasfemo vent’anni fa), il lancio continuo di giovani talenti, la difesa di un’avanguardia che allora annoverava compositori come Bela Bartok, la doppia incisione dei “Maestri Cantori”, il progetto di un secondo “Ring” poi giocoforza abbandonato, il sodalizio record con la Chicago Symphony Orchestra, sono tutti esempi di una vitalità senza pari.
Sì, perché se c’era un artista innamorato della vita in tutti i suoi aspetti, questi era proprio Sir Georg Solti.
Memorabile era il salire sul podio con un piccolo salto, fino all’ultimo, di un uomo che ricevette in regalo per l’ottantesimo compleanno da Decca una mountain bike (con tanto di casco), mentre Birgit Nilsson, nello sfarzoso “Hyde Park Hotel”, gli dedicava un commosso “Tanti auguri a te”.
La vitalità di Solti era peraltro evidente anche solo nel gesto direttoriale, che il grande Mario Soldati ebbe a definire come quello di uno “spadaccino”: una vitalità che il Maestro ricaricava nell’immancabile vacanza di un mese a Roccamare, in una villa dove praticava tennis (bellissimo l’albero, mai tagliato, incorporato al limite del campo) situata a pochi metri dall’amico Italo Calvino.
Di intelligenza rara, il Maestro parlava cinque- sei lingue, incluso l’italiano che amava moltissimo.
Ogni brano era ristudiato partendo sempre da partiture nuove, per arrivare a un’interpretazione non condizionata dai concerti precedenti e con un contenuto di novità, senza routine.
In cinquant’anni di attività con Decca e in oltre sessanta di carriera Solti ha diretto un repertorio sterminato, ma è rimasto sempre ansioso di studiare musiche nuove e preoccupato di non poter forse dirigere tutto quanto avrebbe desiderato. Memorabili le sue esecuzioni dei classici, ma anche di capolavori del barocco (Handel e Bach) in tempi in cui imperavano gli “strumenti originali” e dei contemporanei, promossi con determinazione fino almeno all’ottantesimo compleanno (“adesso tocca agli altri”, soleva dire).
Umanamente, come è facile immaginare per un artista di questo spessore, Solti è sempre stato meraviglioso. Conscio dei risultati artistici conseguiti, ma mai borioso, aveva la dote di far sentire sempre a suo agio l’interlocutore. Chi scrive ricorda il suo “Ciao amico mio” con cui da lontano salutava al suo arrivo; l’emozione e lo sguardo di ringraziamento di quando, all’arrivo a Linate per le recite di “Simon Boccanegra”, riuscimmo ad andare a prenderlo sotto l’aeroplano; il piacere di mangiare insieme e di discutere con umiltà di qualsiasi cosa, di lavoro o di musica quasi come se ti considerasse un suo collega, e di ridere di gusto; il culto di valori come quello dell’amicizia, del lavoro e della famiglia; la totale assenza di invidia per i successi dei colleghi, che molto spesso ha sostenuto; l’esigenza che tutto funzionasse alla perfezione, il fastidio per la negligenza, ma anche l’abitudine a far trasparire sempre chiaramente l’apprezzamento per il lavoro svolto.
Tutto questo rende Sir Georg Solti unico, un personaggio di cui oggi abbiamo grande bisogno, e che non bisogna dimenticare. Tutto questo traspare nelle numerose incisioni che per fortuna gli sono sopravvissute e fanno la gioia degli appassionati.

Mirko Gratton
Dir. Divisione Classica & Jazz
Universal Music Italia