Francesco Grillo

BIOGRAFIA
Francesco Grillo è una rivelazione.

Intendiamoci: Grillo è un apprezzato interprete classico, con una considerevole carriera alla spalle. Ma siamo qui per parlarne come pianista-compositore, e sotto questo aspetto per molti si tratterà di una sorpresa.

Questo album nasce per suggerimento di Stefano Bollani, suo amico qui ospite in tre straordinari duetti.

Highball è di fatto, più che una semplice raccolta di composizioni più e meno recenti, il ritratto di un musicista di grande talento, di una personalità non comune.

Cresciuto in una famiglia di tradizioni musicali, Grillo inizia lo studio del pianoforte all’età di otto anni (si diplomerà al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano) e già tre anni dopo si cimenta con i primi abbozzi di composizione. I suoi primi modelli sono i grandi romantici (Chopin, Liszt). A quindici anni scrive la sua prima vera e propria sonata: si rafforza in lui la padronanza del pianismo a cavallo del secolo e della prima metà del Novecento, quello dei grandi autori russi (Scriabin, Rachmaninov, Prokofiev) e della scuola francese (Ravel in primis).

Al tempo stesso ascolta Bill Evans e i grandi pianisti di jazz, con una spiccata predilezione per Bud Powell.

Questo per quanto attiene la biografia.

Ora, la musica. Francesco Grillo è da considerarsi un erede del pianismo classico europeo: una tradizione cui guarda con grande coinvolgimento e rispetto, ma da una prospettiva contemporanea, dal punto di vista privilegiato di chi ha il vantaggio di vivere nel secolo “dopo”, e può per questo allargare i propri orizzonti creativi partecipando a tradizioni musicali di provenienza diversa.

La perfetta padronanza del linguaggio compositivo degli autori già citati, ai quali si può aggiungere il nome di Schumann, è evidente fin dalle prime note. Pure, Grillo è un artista del ventunesimo secolo e ha l’opportunità e la capacità di espandere la propria area creativa recuperando alla tradizione classica lo strumento cardine della prassi dell’”altra” grande eredità del Novecento musicale, il jazz: l’improvvisazione. Che, unita al groove inequivocabile che permea alcune delle pagine presenti nel disco, mostra una felice integrazione fra mondi all’apparenza lontani.

Ne risulta una musica complessa, di grande lirismo, un frutto maturo e del tutto privo dei prestiti posticci e di certe citazioni imbarazzanti che hanno afflitto tanti, troppi infelici tentativi di “fusione” fra jazz e tradizione classica dell’ultimo mezzo secolo.

Ancora: la musica di Francesco Grillo è eminentemente pianistica, vale a dire modellata sullo strumento, pensata per e attraverso il pianoforte. Anche in questo il nostro prosegue una tradizione ben radicata: si pensi a Chopin, a Rachmaninov, ma d’altro canto anche a Thelonious Monk e Bill Evans (il quale, anche per origine famigliare, partecipava del medesimo amore per la letteratura pianistica russa, dando luogo però ad esiti musicalmente diversissimi da Grillo). È forse questo aspetto della sua arte a rendere tanto sensazionale l’intesa perfetta, il mirabile gioco di specchi che si disvela nei tre episodi centrali del disco, in cui Grillo fronteggia un altro grande protagonista del pianoforte contemporaneo: Stefano Bollani.

(foto: Ugo dalla Porta)