Riccardo Muti: SYMPHONIES
23.12.2011

Riccardo Muti: SYMPHONIES

Mozart, Schumann, Brahms

Riccardo Muti, maestro di una grande scuola.
di Giovanni Gavazzeni

Per festeggiare i primi settant’anni di Riccardo Muti si è voluto unire tre massimi autori, cari al festeggiato e da lui mirabilmente resi. Mozart con i vertici delle sinfonie “Haffner”, “Prager” e “Linz” e il supremo “trittico” conclusivo: sinfonie n. 39 (mi bemolle maggiore), n. 40 (sol minore) e n. 41 (do maggiore). Schumann con le quattro sinfonie che aprono la stagione del romanticismo post-beethoveniano. E, giusto compendio, Brahms con le “Variazioni su un tema di Haydn” e le ouvertures, Tragica ed Accademica, che quell’epoca completano insieme alle quattro sinfonie. Questa felice raccolta è arricchita dalla partecipazione dei meravigliosi musicisti della Filarmonica di Vienna (Mozart, Schumann) e della, per altro verso, famosa Philadelphia Orchestra (Brahms). Da un punto di vista storico un filo rosso lega il divino prodigio di Salisburgo con i due maestri tedeschi. Il rapporto di reciproca ammirazione fra Schumann e Brahms è noto, concretato nel celebre incontro che il ventenne Johannes rese al più maturo collega Robert che definì Brahms, “un Genio”. Evento che sconvolgerà la famiglia Schumann e spingerà Robert a rompere il decennale silenzio critico per redigere il famoso articolo intitolato, significativamente, Nuove strade. In Brahms additava il musicista capace di proseguire un cammino che era stato iniziato dai grandi “maestri” tedeschi del passato. Infatti Schumann soleva esortare le giovani leve delle società corali, affermando: “nell’ora dello sconforto, andate a ritemprarvi vicino ai nostri grandi maestri tedeschi: Bach, Händel, Mozart e Beethoven”. La frequentazione di Schumann con la musica di Mozart è meno evidente di quella con Beethoven, ma importante. I freschi coniugi Clara e Robert Schumann solevano studiare quotidianamente i quartetti mozartiani e l’impressione adolescenziale del Flauto magico perdura nei corali e nelle preghiere del maturo autore di Genoveva. Per Schumann il rapporto con i “maestri” del barocco, del classicismo e del romanticismo fu basilare per lo sviluppo della propria creatività artistica. Lo stesso, per Brahms. “Non esiste un’opera d’arte veramente originale”, scrisse Schumann a Liszt, per rispondere a coloro che si esercitavano nel rilevare sempre debiti e citazioni, perché tutto affonda nelle memoria dell’età infantile e negli anni di formazione e di studio. Stesso percorso vale per chi la musica la esegue. Riccardo Muti si è formato alla scuola del Conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli, che vanta una delle più illustri tradizioni nella diffusione della musica sinfonica tedesca, risalente alla figura di Giuseppe Martucci, gran proconsole in Italia, in un periodo occupato dal melodramma, di Mozart e Schumann, di Brahms e Wagner. Confrontarsi con il Quartetto e la Sinfonia era un modo per acquisire modernità e dignità. Se l’Unità si era compiuta col pungolo dei cori verdiani, ora era tempo di sentirsi europei (nulla di più attuale). Nel Paese del Melodramma ancora clamante arie e romanze, Martucci per primo riaccese il sacro fuoco della Musica allo stato puro. Egli sentiva gli stessi “ideali che ad essa si riconnettono, cioè l’interiorità, la serietà di una profonda vita dell’anima. Questo idealismo della musica fu molto simile e storicamente parallelo all’idealismo dei filosofi del suo tempo, da Bertrando Spaventa a Benedetto Croce che, pure restando così tipicamente meridionali, si entusiasmarono per la dialettica di Hegel”, come ha scritto un critico sensibile, Giorgio Vigolo. E’ noto che la Sinfonia aveva realizzato in musica una sintesi degli opposti, “e Brahms è stato in un certo senso lo Hegel musicale del Martucci”, sempre filtrato dall’anima del compositore campano, fluttuante fra gli incanti notturni del golfo di Napoli. Quel clima sensuale ed estatico delle notti a Posillipo che affascinarono Wagner in visita alla capitale partenopea, non erano molto distanti dalle brume nordiche della saga d’amore e morte di Messer Tristano e Madonna Isotta. Nello stesso anno (1888) del famoso incontro all’Albergo dei Quattro Pellegrini di Bologna fra Martucci e il suo Nume Johannes Brahms, il Direttore del Liceo Musicale e del Teatro Comunale presentava in prima assoluta per l’Italia, quel Tristano e Isotta che colmò d’entusiasmo Carducci e la Regina d’Italia, Margherita di Savoia. Alla prova ante-generale era presente un genio ventenne, Richard Strauss, che dichiarò di aver preso coscienza, ascoltando Martucci concertare e dirigere, della quantità di “superbo bel canto nascosto nel Tristano”. Quella lezione di un Wagner e di un Brahms esaltato dalla messa in rilievo dei valori del “canto” passò direttamente ad un musicista che dimostrerà anche nel tempio dell’ortodossia wagneriana - Bayreuth - come la tradizione tedesca poteva trarre nuova meravigliosa linfa dalla suggestione dell’anima latina. Stiamo parlando di Arturo Toscanini. E questo, è nostra congettura, veniva dalla lezione di Martucci, ammirato ed eseguito da Toscanini tutta la vita, anche quando rimase fra i pochi a difenderlo. Oggi, in persistente ‘congiura del silenzio’, Riccardo Muti conosce e difende il valore della musica martucciana e la peculiare nobiltà della linea interpretativa italiana verso i “classici” tedeschi. Questo omaggio genetliaco è anche utile per ricordare come Riccardo Muti, mantenendo e vivificando il legame con questa illustre tradizione, sia protagonista della musica del nostro tempo. Non diciamo nulla di nuovo, ma ribadirlo per l’occasione è un obbligo.
8 CD 480 5737