11.03.2003
LA CRESCITA DEI QUINTORIGO "IN CATTIVITA'"
La lucida follia dei Quintorigo, uno degli ensemble più originali e preparati della scena musicale italiana, ha partorito il terzo capitolo della loro storia: "In cattività", che uscirà il 21 marzo.
Esce dopo sei mesi di gestazione e registrazione ai Gam Gam Studios, vicino a Rimini, da Max Monti e Mauro Pilato. Si tratta di una cattività intensa, che non ha affatto spento la voglia della formazione – immutata nei suoi componenti di base – di essere totalmente immersa nella musica. Forse è segno di un esilio volontario dal mondo dello spettacolo attuale, colmo di partecipazioni televisive, esteriorità e show che hanno sempre meno a che fare con essa. “Al centro del nostro lavoro sta la curiosità, una ricerca di spunti nuovi condotta senza l’ansia di piacere a tutti i costi e senza accettare imposizioni o compromessi”. Così dice John De Leo di un album che è nato per accumulazione: di idee, di canzoni, di personaggi. Alcune delle sue parti sono finite all’interno del film La forza del passato, presentato al Festival di Venezia, diretto da Pergiorgio Gay e tratto dal romanzo di Sandro Veronesi. Sono diventate una colonna sonora rarefatta e trasognata, in perfetta sintonia con le immagini che si è trovata a descrivere.
Il resto ha subìto diverse mutazioni, prendendo le mosse da ciò che avrebbe potuto anche essere un cd dal vivo: un progetto che è stato accantonato quando sono nate composizioni inedite e sono state affinate cose già pensate. L’eclettismo del gruppo tocca con In cattività il suo apice: dai toni bandistici – e non poco ironici – di alcuni momenti al confronto con la tecnologia, con suoni e frasi che vengono ripresi e messi in rotazione; dalla voce di De Leo, che abbraccia una gamma timbrica vastissima senza mai fare esercizio di stile, ad una ricerca sul testo che è divenuta sempre più minuziosa e letteraria.
Già le cover sono particolari: una Night And Day innervosita dalla frattura a cui viene sottoposta la melodia, la dolcezza di Darn That Dream che mescola il taglio jazzistico delle strumentazioni con toni volutamente retro’ e Clap Hands, di Tom Waits, che supera addirittura l’originale sul piano del rumorismo cupo ed ipnotico.
Ci sono poi un paio di sipari orchestrali che fanno da sfondo paesaggistico (Bogliasco, per esempio) e, soprattutto, ci sono le nuove canzoni: la ninnananna un po’ inquietante e aurorale di Illune, che apre e chiude il disco; Neon-Sun, il pezzo più coinvolgente dell’album, che mescola folk, soul, pop nel senso meno banale del termine; la sarabanda di U.S.A. e getta, parodia dedicata allo stress imperante nel sistema economico in cui sopravviviamo; la trasfigurazione di Deux Heures De Soleil e la divagazione intimistica di Dimentico di Ivano Fossati, dove le parole vengono avvicinate e sovrapposte per aumentarne in qualche modo i significati.