17.10.2012
Il nuovo disco di Maurizio Baglini
Carnaval - musiche di Schumann
MAURIZIO BAGLINI
CARNAVAL
Le pagine più celebri di Robert Schumann nell’interpretazione di Maurizio Baglini
“Tutti gli amici e i nemici sono qui allegramente e lievemente trascinati nel girotondo ritmico e stupendo della musica, di quella musica che è il mondo delle anime come le maschere lo sono dei corpi” Jean Paul
RELEASE DATE 30 OTTOBRE 2012
TRACKLIST
1) Variazioni Abegg op. 1 7'44"
2) Papillons op. 2 15'23"
CARNAVAL op. 9 Scènes mignonnes sur quatre notes
3) Préambule 2'27"
4) Pierrot 1'51"
5) Arlequin 1'28"
6) Valse Noble 1'45"
7) Eusebius 1'28"
8) Florestan 0'54"
9) Coquette 1'30"
10) Replique 0'48"
11) Sphinex 0' 44"
12) Papillons 0'44"
13) A.S.C.H.-S.C.H.A. 0' 48"
( lettres dansantes)
14) Chiarina 1'36"
15) Chopin 1'11"
16) Estrella 0'30"
17) Reconnaissance 1'47"
18) Pantalon et Colombine 0'56"
19) Valse Allemande - Intermezzo: Paganini - Tempo I 1' 58"
20) Aveu 1'27"
21) Promenade 2'28"
22) Pause 0'18"
23) Marches des Davidsbluender contre les Philistins 4' 06"
FASCHINGSSCHWANK aus WIEN op. 26
24) Allegro 9'45"
25) Romanze 2'35"
26) Scherzino 2'11 "
27) Intermezzo 2'10"
28) Finale 5'43 "
Recorded live in PISA
CARNAVAL
Le pagine più celebri di Robert Schumann nell’interpretazione di Maurizio Baglini
“Tutti gli amici e i nemici sono qui allegramente e lievemente trascinati nel girotondo ritmico e stupendo della musica, di quella musica che è il mondo delle anime come le maschere lo sono dei corpi” Jean Paul
RELEASE DATE 30 OTTOBRE 2012
TRACKLIST
1) Variazioni Abegg op. 1 7'44"
2) Papillons op. 2 15'23"
CARNAVAL op. 9 Scènes mignonnes sur quatre notes
3) Préambule 2'27"
4) Pierrot 1'51"
5) Arlequin 1'28"
6) Valse Noble 1'45"
7) Eusebius 1'28"
8) Florestan 0'54"
9) Coquette 1'30"
10) Replique 0'48"
11) Sphinex 0' 44"
12) Papillons 0'44"
13) A.S.C.H.-S.C.H.A. 0' 48"
( lettres dansantes)
14) Chiarina 1'36"
15) Chopin 1'11"
16) Estrella 0'30"
17) Reconnaissance 1'47"
18) Pantalon et Colombine 0'56"
19) Valse Allemande - Intermezzo: Paganini - Tempo I 1' 58"
20) Aveu 1'27"
21) Promenade 2'28"
22) Pause 0'18"
23) Marches des Davidsbluender contre les Philistins 4' 06"
FASCHINGSSCHWANK aus WIEN op. 26
24) Allegro 9'45"
25) Romanze 2'35"
26) Scherzino 2'11 "
27) Intermezzo 2'10"
28) Finale 5'43 "
Recorded live in PISA
ROBERT SCHUMANN
Dieci anni, dal 1829-30 al 1839-40, separano l’op. 1 dall’op. 26. Quei dieci anni, nella biografia di Robert Schumann, rappresentano un turbinoso crescendo di esperienze artistiche e di vita, dagli anni di apprendistato alla consacrazione professionale, dalle scapestrate avventure studentesche allo struggente esclusivo amore per Clara, la giovane figlia del professor Wieck, suo insegnante di pianoforte.
Su questo romantico background nascono, dunque, le quattro composizioni presenti sul disco, diversissime tra loro, ma contemporaneamente legate da comuni artifici compositivi e intrecci psicologici, in una fantasmagoria di citazioni, simbolismi e codici cifrati. La festa, la danza, il carnevale, le maschere, i travestimenti sono i Leitmotive che accomunano queste pagine. E poi le evocazioni affettuose, i riferimenti alle fanciulle amate e a quelle soltanto sognate, con le ombre onnipresenti di Walt e Vult, i protagonisti di Flegeljahre, L’età dell’inesperienza. Il testo di Jean Paul Richter è modello, guida spirituale per il giovane Schumann: l’idealista Walt e il realista Vult diventano Eusebius e Florestan, i due romantici antagonisti nel dibattito cultural-politico della Lega di David.
Nel gioco delle maschere e dei travestimenti si celano gli omaggi cifrati - secondo una prassi cara a molti compositori, sin dal Medioevo, spesso collegata alle leggi della Kabbalah – che Schumann inventa con straordinaria perizia e dopo attenti studi basati sulla Kryptographik, opera semiologica di Johann Ludwig Klüber, professore a Heidelberg, nella stessa facoltà di giurisprudenza frequentata, qualche anno dopo dal giovane musicista.
Una delle tecniche, quella della corrispondenza tra lettere dell’alfabeto e note musicali secondo la denominazione tedesca (come nel caso BACH: B/si bemolle A/la C/do H/si naturale) viene utilizzata ripetutamente da Schumann, anche con complesse e personali integrazioni ispirate al testo di Klüber. Tali procedimenti sono stati oggetto di numerose interpretazioni; su tutte si distinguono quelle di Eric Sams, musicologo e crittografo di indubitabile perizia, avendo operato nell’Intelligence britannica durante la Seconda Guerra mondiale con l’incarico di decrittare i codici militari tedeschi. Lo sguardo acuto di Sams penetra nelle pagine schumanniane, scioglie anagrammi ed enigmi, si identifica con i personaggi, rivive le situazioni. Ed è uno sguardo d’amore, che al di là delle indagini, delle ipotesi e intercettazioni, sa cogliere il profondo messaggio poetico dell’opera.
Le Variazioni Abegg sono la prima opera meritevole, secondo il suo autore, di essere data alle stampe. Schumann ha diciannove anni, è un promettente allievo di Friedrich Wieck. Sul modello della Marche d’Alexandre op. 32 per pianoforte e orchestra di Ignaz Moscheles, suo cavallo di battaglia, nella versione per pianoforte solo, in alcune soirées musicales a Zwickau e a Heidelberg, egli abbozza (è il 1829) un ciclo di variazioni pianistiche con accompagnamento orchestrale. Ridimensiona ben presto il progetto sinfonico e pubblica questo Thème sur le nom Abegg varié pour le Pianoforte op. 1 (ed. Kistner, Lipsia, 1831). Sotto il titolo campeggia la dedica a una fantomatica contessa Pauline von Abegg. In realtà si tratta di Meta Abegg, un’avvenente fanciulla incontrata a un ballo mascherato a Mannheim, figlia di un impiegato comunale. Sul suo musicalissimo cognome (A/la, B/si bemolle, E/mi, G/sol, G/sol) Schumann modella il tema, dispiegandolo linearmente sopra un ritmo di valzer. Ma sin dalla prima variazione egli utilizza la melodia in senso strutturale, allontanandosi dagli schematismi tipicamente salottieri di questo genere di composizioni: gli intervalli sono proiettati ad altezze diverse, in senso retrogrado (GGEBA), raggruppati verticalmente, sino a smarrirsi e riapparire, prima della volata conclusiva del Finale alla Fantasia, in un accordo che lentamente si dissolve.
Sempre nel 1829 Schumann inizia a tracciare i primi abbozzi di Papillons op. 2, che l’editore Kistner pubblica nel 1832 con una deliziosa copertina con voli di farfalle, scritte ombreggiate, e la dedica ornatissima alle cognate Therese, Rosalie et Emilie.
In tutto dodici brevi danze ispirate al ballo in maschera, Larven-Tanz, penultimo capitolo dei Flegeljahre, come lo stesso Schumann spiega in una lettera, davvero imprudente, al poeta e critico musicale Ludwig Rellstab, colto e arrogante, ostile a ogni contaminazione in ambito musicale. L’esito fu, manco a dirlo, una stroncatura.
Eric Sams ha fornito la più articolata e suggestiva analisi di quest’opera, ricostruendo la relazione tra i singoli episodi musicali e quelli narrati da Jean Paul, basandosi sulle sottolineature e annotazioni di Schumann sull’esemplare in suo possesso, ancora conservato nella casa-museo di Zwickau. Non mancano, anche in questo caso, i riferimenti a cellule tematiche cifrate. Ed è lo stesso titolo ad aprire un’affascinante discussione: die Larve, in lingua tedesca, significa maschera, fantasma e anche larva. Così dal ballo mascherato dei Flegeljahre escono i personaggi di Vult e Walt, della dolce Wina, di vari travestimenti e metamorfosi, delle apparizioni fugaci, impalpabili e iridate, come ali di farfalla. E sono quel ritratto dell’anima, Seelegemälde, che per Schumann è l’essenza della propria musica.
Nel frattempo, il ventunenne compositore, ospite nella casa del maestro Wieck, inventa dei soprannomi per i suoi amici più cari: Meister Raro (Wieck), Cilia (sua figlia Clara), Eusebius e Florestan (lui stesso, riflesso nella doppia natura dei gemelli Walt e Vult). In Raro si rispecchia la figura hoffmanniana del Kapellmeister Kreisler. Ma forse è anche una primissima criptica dedica sentimentale: claRARObert?
Gli stessi nomi si associano all’idea del Davidsbund, Lega di David, movimento che ha per fine il dibattito artistico, la riflessione, la funzione costruttiva della critica, necessaria per la formazione del pubblico. Ed ecco concretizzarsi la fondazione della Neue Zeitschrift für Musik, la rivista musicale, espressione del movimento culturale-politico dell’Europa degli anni Trenta, che Robert Schumann dirige per un decennio.
Su questo sfondo, tra il 1833 e il 1835 nasce il Carnaval op. 9 - pubblicato nel 1837 da Breitkopf, con la dedica a Karol Lipiński, il celebre e molto ammirato violinista polacco -, opera fra le maggiori del catalogo schumanniano, stupefacente per la ricchezza poetica, i significati profondi, la magistrale scrittura pianistica; e nuovamente le allusioni, gli enigmi, le evocazioni fugaci.
Da fliegt der Schmetterling fort! (Ecco la farfalla che vola!).
Scènes mignonnes sur quatre notes è il sottotitolo, ancora una volta in francese: venti miniature, incorniciate da un Préambule e da una Marche des “Davidsbündler” contre les Philistins di proporzioni decisamente più vaste. Appaiono in rapida successione, a volte celati da maschere della commedia dell’arte, i personaggi più amati, reali o fantastici. Ecco Chopin e Paganini, presenti in due stupende simulazioni stilistiche; Clara, da tempo partecipe di scambi affettuosi, lettere, omaggi musicali (lei gli dedica una Romance variée, op. 3, lui contraccambia con Chiarina, undicesimo tableau, e riprende un tema di lei nel Valse allemande). Ecco gli immancabili Eusebius e Florestan, rispettivamente un Adagio - poi Più lento, molto teneramente -, e un Passionato con due improvvisi brevissimi e leggerissimi Adagio. Tra parentesi la scritta “Papillon?”. Forse è una rimembranza da Jean Paul: “Sul finire della danza, durante il rapido sfiorarsi delle mani, l’incrociarsi e sfuggirsi dei corpi […] furono più sospiri che parole, farfalle di un’isola lontana, confuse e smarrite sul mare”. Quasi furtivamente, nel Préambule, risuonano le note beethoveniane dell’Egmont e quelle schubertiane del Trauer-Walzer D 365/2.
Il quadro numero tredici ha ancora un nome, Estrella, la fidanzatina Ernestine von Fricken, figlia adottiva di un nobile, capitano dell’esercito a Asch. Il nome di questa cittadina della Boemia occidentale (Aš) al confine con la Baviera, tradotto in lettere musicali corrisponde a La bemolle/Do/Si, lettere che appartengono anche a Schumann, e al cognome Harnisch dei due gemelli Walt e Vult. Con ingegnose metamorfosi (As/La bemolle viene scisso in A/La e S/Mi bemolle, data la pronuncia tedesca della consonante Es) Schumann crea tre cellule, che diventano elementi strutturali dell’opera. Sullo spartito sono segnate come Sphinxs, con evidente riferimento non alle figure mitologiche, bensì alle sfingidi, le farfalle notturne, a volte inquietanti come nel caso dell’Acherontia Atropos con la ‘maschera’ di testa di morto sul dorso. Nella Marche finale ecco un’ultima citazione: der Großvatertanz, l’antica danza che tradizionalmente chiudeva le feste contadine.
Questo tema del XVII secolo si ritrova nuovamente in Faschingsschwank aus Wien, op. 26, i Phantasiebilder, Quadri fantastici, composti tra il 1838 e il 1840 (editi da Mechetti a Vienna, nel 1841). Appare chiara, nella parola composta del titolo, inventata da Schumann, la presenza della sfinge ASCH e dei suoi specchi in SCHumAnn e hArniSCH, con un rimando alla scena in cui Walt Harnisch mentre accorda un pianoforte rompe tre corde: la, do e si (A C H). “Che strano, tutte note che si trovano nel vostro nome, signor Harnisch, conoscete di certo di certo l’aneddoto di Bach […]”.
La dedica è per un belga, Simonin de Sire, primo grande entusiasta ‘non tedesco’ della sua musica.
Schumann è a Vienna, per sei mesi, tra l’autunno del 1838 e la primavera seguente. Spera di potersi trasferire nella capitale dell’Impero, di costruirsi una nuova vita insieme a Clara, lontano dagli intrighi e dalla vigilanza insopportabile del padre di lei. Spera anche in un nuovo editore per la sua rivista. La burocrazia e la censura austriaca rendono vano ogni tentativo.
Tra delusioni e struggimenti per l’amata lontana, l’atmosfera allegra e leggera della città gli ispirano questo ritorno al tema del carnevale, ovvero, letteralmente: farsa, commediola, burla di carnevale da (di) Vienna. Non è più un susseguirsi di brevi immagini musicali, ma una große romantische Sonate, in cinque movimenti, curiosamente invertiti rispetto alla classica sequenza: inizia con un Allegro simile a un rondò e termina con un Finale in forma di primo tempo di sonata. Nel rondò, in particolare, nel caleidoscopico riaffiorare del tema principale in mezzo a episodi sempre nuovi, ritroviamo il Giano tragicomico di Eusebius e Florestan, riflesso nei repentini cambiamenti di umore. Poi, con un inaspettato sberleffo, probabile vendetta all’indirizzo della censura e della reazionaria politica viennese, irrompe il tema della Marsigliese, vietatissimo da Metternich.
I tempi centrali sono fortemente contrastati: dolcissima e malinconica la Romanze, ritmicamente ossessivo lo Scherzino, appassionato (Mit größter Energie / Colla più grande energia) l’Intermezzo, impetuoso e magistralmente strutturato (Höchst lebhaft / Il più vivace possibile) il possente Finale.
Una trasposizione pianistica dai Flegeljahre? “[…] Tutti gli amici e i nemici sono qui allegramente e lievemente trascinati nel girotondo ritmico e stupendo della musica, di quella musica che è il mondo delle anime come le maschere lo sono dei corpi”.
Carlo de Incontrera
Dieci anni, dal 1829-30 al 1839-40, separano l’op. 1 dall’op. 26. Quei dieci anni, nella biografia di Robert Schumann, rappresentano un turbinoso crescendo di esperienze artistiche e di vita, dagli anni di apprendistato alla consacrazione professionale, dalle scapestrate avventure studentesche allo struggente esclusivo amore per Clara, la giovane figlia del professor Wieck, suo insegnante di pianoforte.
Su questo romantico background nascono, dunque, le quattro composizioni presenti sul disco, diversissime tra loro, ma contemporaneamente legate da comuni artifici compositivi e intrecci psicologici, in una fantasmagoria di citazioni, simbolismi e codici cifrati. La festa, la danza, il carnevale, le maschere, i travestimenti sono i Leitmotive che accomunano queste pagine. E poi le evocazioni affettuose, i riferimenti alle fanciulle amate e a quelle soltanto sognate, con le ombre onnipresenti di Walt e Vult, i protagonisti di Flegeljahre, L’età dell’inesperienza. Il testo di Jean Paul Richter è modello, guida spirituale per il giovane Schumann: l’idealista Walt e il realista Vult diventano Eusebius e Florestan, i due romantici antagonisti nel dibattito cultural-politico della Lega di David.
Nel gioco delle maschere e dei travestimenti si celano gli omaggi cifrati - secondo una prassi cara a molti compositori, sin dal Medioevo, spesso collegata alle leggi della Kabbalah – che Schumann inventa con straordinaria perizia e dopo attenti studi basati sulla Kryptographik, opera semiologica di Johann Ludwig Klüber, professore a Heidelberg, nella stessa facoltà di giurisprudenza frequentata, qualche anno dopo dal giovane musicista.
Una delle tecniche, quella della corrispondenza tra lettere dell’alfabeto e note musicali secondo la denominazione tedesca (come nel caso BACH: B/si bemolle A/la C/do H/si naturale) viene utilizzata ripetutamente da Schumann, anche con complesse e personali integrazioni ispirate al testo di Klüber. Tali procedimenti sono stati oggetto di numerose interpretazioni; su tutte si distinguono quelle di Eric Sams, musicologo e crittografo di indubitabile perizia, avendo operato nell’Intelligence britannica durante la Seconda Guerra mondiale con l’incarico di decrittare i codici militari tedeschi. Lo sguardo acuto di Sams penetra nelle pagine schumanniane, scioglie anagrammi ed enigmi, si identifica con i personaggi, rivive le situazioni. Ed è uno sguardo d’amore, che al di là delle indagini, delle ipotesi e intercettazioni, sa cogliere il profondo messaggio poetico dell’opera.
Le Variazioni Abegg sono la prima opera meritevole, secondo il suo autore, di essere data alle stampe. Schumann ha diciannove anni, è un promettente allievo di Friedrich Wieck. Sul modello della Marche d’Alexandre op. 32 per pianoforte e orchestra di Ignaz Moscheles, suo cavallo di battaglia, nella versione per pianoforte solo, in alcune soirées musicales a Zwickau e a Heidelberg, egli abbozza (è il 1829) un ciclo di variazioni pianistiche con accompagnamento orchestrale. Ridimensiona ben presto il progetto sinfonico e pubblica questo Thème sur le nom Abegg varié pour le Pianoforte op. 1 (ed. Kistner, Lipsia, 1831). Sotto il titolo campeggia la dedica a una fantomatica contessa Pauline von Abegg. In realtà si tratta di Meta Abegg, un’avvenente fanciulla incontrata a un ballo mascherato a Mannheim, figlia di un impiegato comunale. Sul suo musicalissimo cognome (A/la, B/si bemolle, E/mi, G/sol, G/sol) Schumann modella il tema, dispiegandolo linearmente sopra un ritmo di valzer. Ma sin dalla prima variazione egli utilizza la melodia in senso strutturale, allontanandosi dagli schematismi tipicamente salottieri di questo genere di composizioni: gli intervalli sono proiettati ad altezze diverse, in senso retrogrado (GGEBA), raggruppati verticalmente, sino a smarrirsi e riapparire, prima della volata conclusiva del Finale alla Fantasia, in un accordo che lentamente si dissolve.
Sempre nel 1829 Schumann inizia a tracciare i primi abbozzi di Papillons op. 2, che l’editore Kistner pubblica nel 1832 con una deliziosa copertina con voli di farfalle, scritte ombreggiate, e la dedica ornatissima alle cognate Therese, Rosalie et Emilie.
In tutto dodici brevi danze ispirate al ballo in maschera, Larven-Tanz, penultimo capitolo dei Flegeljahre, come lo stesso Schumann spiega in una lettera, davvero imprudente, al poeta e critico musicale Ludwig Rellstab, colto e arrogante, ostile a ogni contaminazione in ambito musicale. L’esito fu, manco a dirlo, una stroncatura.
Eric Sams ha fornito la più articolata e suggestiva analisi di quest’opera, ricostruendo la relazione tra i singoli episodi musicali e quelli narrati da Jean Paul, basandosi sulle sottolineature e annotazioni di Schumann sull’esemplare in suo possesso, ancora conservato nella casa-museo di Zwickau. Non mancano, anche in questo caso, i riferimenti a cellule tematiche cifrate. Ed è lo stesso titolo ad aprire un’affascinante discussione: die Larve, in lingua tedesca, significa maschera, fantasma e anche larva. Così dal ballo mascherato dei Flegeljahre escono i personaggi di Vult e Walt, della dolce Wina, di vari travestimenti e metamorfosi, delle apparizioni fugaci, impalpabili e iridate, come ali di farfalla. E sono quel ritratto dell’anima, Seelegemälde, che per Schumann è l’essenza della propria musica.
Nel frattempo, il ventunenne compositore, ospite nella casa del maestro Wieck, inventa dei soprannomi per i suoi amici più cari: Meister Raro (Wieck), Cilia (sua figlia Clara), Eusebius e Florestan (lui stesso, riflesso nella doppia natura dei gemelli Walt e Vult). In Raro si rispecchia la figura hoffmanniana del Kapellmeister Kreisler. Ma forse è anche una primissima criptica dedica sentimentale: claRARObert?
Gli stessi nomi si associano all’idea del Davidsbund, Lega di David, movimento che ha per fine il dibattito artistico, la riflessione, la funzione costruttiva della critica, necessaria per la formazione del pubblico. Ed ecco concretizzarsi la fondazione della Neue Zeitschrift für Musik, la rivista musicale, espressione del movimento culturale-politico dell’Europa degli anni Trenta, che Robert Schumann dirige per un decennio.
Su questo sfondo, tra il 1833 e il 1835 nasce il Carnaval op. 9 - pubblicato nel 1837 da Breitkopf, con la dedica a Karol Lipiński, il celebre e molto ammirato violinista polacco -, opera fra le maggiori del catalogo schumanniano, stupefacente per la ricchezza poetica, i significati profondi, la magistrale scrittura pianistica; e nuovamente le allusioni, gli enigmi, le evocazioni fugaci.
Da fliegt der Schmetterling fort! (Ecco la farfalla che vola!).
Scènes mignonnes sur quatre notes è il sottotitolo, ancora una volta in francese: venti miniature, incorniciate da un Préambule e da una Marche des “Davidsbündler” contre les Philistins di proporzioni decisamente più vaste. Appaiono in rapida successione, a volte celati da maschere della commedia dell’arte, i personaggi più amati, reali o fantastici. Ecco Chopin e Paganini, presenti in due stupende simulazioni stilistiche; Clara, da tempo partecipe di scambi affettuosi, lettere, omaggi musicali (lei gli dedica una Romance variée, op. 3, lui contraccambia con Chiarina, undicesimo tableau, e riprende un tema di lei nel Valse allemande). Ecco gli immancabili Eusebius e Florestan, rispettivamente un Adagio - poi Più lento, molto teneramente -, e un Passionato con due improvvisi brevissimi e leggerissimi Adagio. Tra parentesi la scritta “Papillon?”. Forse è una rimembranza da Jean Paul: “Sul finire della danza, durante il rapido sfiorarsi delle mani, l’incrociarsi e sfuggirsi dei corpi […] furono più sospiri che parole, farfalle di un’isola lontana, confuse e smarrite sul mare”. Quasi furtivamente, nel Préambule, risuonano le note beethoveniane dell’Egmont e quelle schubertiane del Trauer-Walzer D 365/2.
Il quadro numero tredici ha ancora un nome, Estrella, la fidanzatina Ernestine von Fricken, figlia adottiva di un nobile, capitano dell’esercito a Asch. Il nome di questa cittadina della Boemia occidentale (Aš) al confine con la Baviera, tradotto in lettere musicali corrisponde a La bemolle/Do/Si, lettere che appartengono anche a Schumann, e al cognome Harnisch dei due gemelli Walt e Vult. Con ingegnose metamorfosi (As/La bemolle viene scisso in A/La e S/Mi bemolle, data la pronuncia tedesca della consonante Es) Schumann crea tre cellule, che diventano elementi strutturali dell’opera. Sullo spartito sono segnate come Sphinxs, con evidente riferimento non alle figure mitologiche, bensì alle sfingidi, le farfalle notturne, a volte inquietanti come nel caso dell’Acherontia Atropos con la ‘maschera’ di testa di morto sul dorso. Nella Marche finale ecco un’ultima citazione: der Großvatertanz, l’antica danza che tradizionalmente chiudeva le feste contadine.
Questo tema del XVII secolo si ritrova nuovamente in Faschingsschwank aus Wien, op. 26, i Phantasiebilder, Quadri fantastici, composti tra il 1838 e il 1840 (editi da Mechetti a Vienna, nel 1841). Appare chiara, nella parola composta del titolo, inventata da Schumann, la presenza della sfinge ASCH e dei suoi specchi in SCHumAnn e hArniSCH, con un rimando alla scena in cui Walt Harnisch mentre accorda un pianoforte rompe tre corde: la, do e si (A C H). “Che strano, tutte note che si trovano nel vostro nome, signor Harnisch, conoscete di certo di certo l’aneddoto di Bach […]”.
La dedica è per un belga, Simonin de Sire, primo grande entusiasta ‘non tedesco’ della sua musica.
Schumann è a Vienna, per sei mesi, tra l’autunno del 1838 e la primavera seguente. Spera di potersi trasferire nella capitale dell’Impero, di costruirsi una nuova vita insieme a Clara, lontano dagli intrighi e dalla vigilanza insopportabile del padre di lei. Spera anche in un nuovo editore per la sua rivista. La burocrazia e la censura austriaca rendono vano ogni tentativo.
Tra delusioni e struggimenti per l’amata lontana, l’atmosfera allegra e leggera della città gli ispirano questo ritorno al tema del carnevale, ovvero, letteralmente: farsa, commediola, burla di carnevale da (di) Vienna. Non è più un susseguirsi di brevi immagini musicali, ma una große romantische Sonate, in cinque movimenti, curiosamente invertiti rispetto alla classica sequenza: inizia con un Allegro simile a un rondò e termina con un Finale in forma di primo tempo di sonata. Nel rondò, in particolare, nel caleidoscopico riaffiorare del tema principale in mezzo a episodi sempre nuovi, ritroviamo il Giano tragicomico di Eusebius e Florestan, riflesso nei repentini cambiamenti di umore. Poi, con un inaspettato sberleffo, probabile vendetta all’indirizzo della censura e della reazionaria politica viennese, irrompe il tema della Marsigliese, vietatissimo da Metternich.
I tempi centrali sono fortemente contrastati: dolcissima e malinconica la Romanze, ritmicamente ossessivo lo Scherzino, appassionato (Mit größter Energie / Colla più grande energia) l’Intermezzo, impetuoso e magistralmente strutturato (Höchst lebhaft / Il più vivace possibile) il possente Finale.
Una trasposizione pianistica dai Flegeljahre? “[…] Tutti gli amici e i nemici sono qui allegramente e lievemente trascinati nel girotondo ritmico e stupendo della musica, di quella musica che è il mondo delle anime come le maschere lo sono dei corpi”.
Carlo de Incontrera