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Meravigliosa recensione sul Venerdì di Repubblica per il cofanetto di Arrau
20.01.2012

Meravigliosa recensione sul Venerdì di Repubblica per il cofanetto di Arrau

Una recensione meravigliosa premia la scelta di rendere nuovamente disponibili le Sonate di Beethoven nell'indimenticabile interpretazione di Claudio Arrau. Ecco un breve estratto del testo di Claudio Strinati: "La Decca pubblica, in nove cd, la ristampa dell'integrale delle Sonate per pianoforte di Beethoven di Claudio Arrau, pubblicazione indispensabile per tutti i cultori della materia. Che le sonate beethoveniane siano un monumento supremo della intera storia della cultura occidentale non è necessario rimarcarlo [...]. Altrettanto chiara è l'importanza dell'esecuzione che Arrau registrò tra il 1966 e il 1968, poco più che sessantenne. Piero Rattalino lo qualificò come una sorta di "filosofo" e lo si può ben capire riascoltandolo, tanto il Maestro appare, di fronte all'impervio universo delle trentadue Sonate, saggio, calmo, equilibrato. [..] E' mirabile come Arrau articoli le potenti sequenze beethoveniane tenendole sotto controllo, anche quando la tastiera sembra un campo di battaglia, anzi soprattutto in quel momento."
 
Christian Thielemann dirige "LEHÁR GALA FROM DRESDEN"
19.01.2012

Christian Thielemann dirige "LEHÁR GALA FROM DRESDEN"

Un’entusiasmante registrazione dal vivo in audio e video del Gala dedicato a Lehár che ha avuto luogo presso la Semperoper di Dresda il 31 dicembre 2012 con protagonisti la Staatskapelle diretta da Christian Thielemann e un cast di magnifiche voci: Angela Denoke, Ana Maria Labin e Piotr Beczala. Una bellissima sequenza di arie e musiche di scena da Il paese del sorriso, Giuditta, Eva, Paganini, Federica, Amore di zingaro e celebri valzer di J. Strauss I e II. L’evento è stato ripreso in diretta dalla TV tedesca ZDF e successivamente trasmesso in differita in numerosi Paesi tra cui anche l’Italia. Clicca sulla copertina del CD per vedere il trailer di presentazione.
 
Lionel Richie esplora le sue prime influenze musicali nel nuovo album di duetti Tuskegee
18.01.2012

Lionel Richie esplora le sue prime influenze musicali nel nuovo album di duetti Tuskegee

Come già anticipato, il 12 marzo 2012 la star internazionale Lionel Richie pubblicherà Tuskegee, un nuovo album di duetti. Tuskegee è la città in Alabama dove Lionel Richie è cresciuto. Le sue prime influenze musicali provengono da quella terra, che vanta una grande tradizione gospel, R&B e country. Questo album esplora queste influenze in 14 nuove versioni delle sue hit più amate, un viaggio musicale a cui partecipano alcuni tra i suoi artisti preferiti. Richie è infatti accompagnato da grandi artisti quali Shania Twain, Kenny Rogers e Willie Nelson oltre a protagonisti delle scena contemporanea come Pixie Lott e Jennifer Nettles (Sugarland). Tuskegee è un entusiasmante percorso attraverso una carriera musicale che ha totalizzato oltre 100 milioni di dischi venduti, 22 Top 10, 5 Grammy Awards, 1 Academy Award come Miglior Canzone Originale, 1 Golden Globe oltre a molti altri premi ricevuti dalle più importanti istituzioni nel campo dello spettacolo. Dopo aver oltrepassato limiti e rotto barriere durante la sua mitica carriera, anche Tuskegee raggiungerà il livello dei suoi lavori senza tempo amati da persone di qualunque età in tutto il mondo. “Con l’evolversi della scrittura, ho realizzato che le mie canzoni traducevano perfettamente il genere country” dichiara la leggenda vivente mentre preme i tasti del pianoforte nel suo modernissimo studio di registrazione. Fu quando Conway Twitty interpretò “Three Times a Lady” oltre a canzoni quali “Lady” e "Deep River Women” che Richie realizzò che il country era chiaramente onnipresente nei suoi testi. “Sono nato e cresciuto a Tuskegee, Alabama. Sono un ragazzo di campagna e ne sono fiero. E’ stato assolutamente naturale quindi realizzare questo progetto” dice Richie. “Oltre al pop, sono cresciuto con la musica country, R&B, gospel e classica grazie a mia nonna. Tuskegee è stato un perfetto crogiolo per le mie influenze come autore” commenta “e il titolo, Tuskegee, è la conferma di essere cresciuto là, il luogo che chiamo casa”. Concepire Tuskegee con così tanta ispirazione e passione è stato gratificante e rivelatorio per Richie. “Ciò che era iniziato come una collaborazione di grandi talenti si è infine rivelato essere un gruppo di amici riuniti per realizzare della grande musica” afferma Richie. “Tuskegee è uno stato d’animo ed è un luogo” aggiunge ”..un luogo di speranza, di promessa, di sviluppo personale dove i sogni si avverano”
 
Daniel Hope e Deutsche Grammophon decidono di far proseguire il loro rapporto esclusivo
18.01.2012

Daniel Hope e Deutsche Grammophon decidono di far proseguire il loro rapporto esclusivo

Daniel Hope si conferma artista esclusivo Deutsche Grammophon per i prossimi progetti. Gli porgiamo i nostri migliori auguri per una fruttuosa collaborazione artistica!
 
E' uscita la raccolta "THE ART OF MAURIZIO POLLINI"
17.01.2012

E' uscita la raccolta "THE ART OF MAURIZIO POLLINI"

Esce oggi nei migliori negozi e in digitale “The Art of Maurizio Pollini”, il meglio di uno dei più grandi interpreti del nostro tempo in 3 CD a prezzo speciale! Un’elegante raccolta in edizione limitata realizzata per festeggiare il 70° compleanno del grande Maestro che comprende le sue più celebri intepretazioni. Sempre nell’ambito dei festeggiamenti, il 19 gennaio Maurizio Pollini sarà protagonista di un attesissimo concerto straordinario a scopo benefico presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma con l’Orchestra di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano. In programma in Concerto per pianoforte K488 di Mozart.
 
ANDRÉ RIEU: AND THE WALTZ GOES ON. IN USCITA IL NUOVO ALBUM CHE PRENDE IL TITOLO DA UN BRANO COMPOSTO DAL CELEBRE ATTORE SIR ANTHONY HOPKINS
16.01.2012

ANDRÉ RIEU: AND THE WALTZ GOES ON. IN USCITA IL NUOVO ALBUM CHE PRENDE IL TITOLO DA UN BRANO COMPOSTO DAL CELEBRE ATTORE SIR ANTHONY HOPKINS

Arriva in Italia il “Re del valzer” con un progetto che prende il titolo dal brano “And the Waltz Goes On” composto dal celebre attore Sir Anthony Hopkins. Grande ammiratore di Rieu, Hopkins ha concretizzato il suo sogno di far eseguire questo brano che scrisse all’età di 19 anni proprio da uno dei suoi artisti preferiti. André Rieu è un autentico “fenomeno” musicale e discografico che ha ottenuto successi incredibili in tutto il mondo come testimoniano le impressionanti cifre qui riportate: CAMPIONE DI VENDITE 30 milioni di dischi venduti 330 Dischi di platino 100 Dischi d’oro 13 Premi discografici e riconoscimenti CAMPIONE DELLE CLASSIFICHE 30 volte al #1 20 volte al #2 30 volte nel Top 5 23 volte nella Top 10 35 volte nella Top 20 Posizioni non cumulate “AND THE WALTZ GOES ON” è disponibile in audio, video e in digitale a partire dal 24 gennaio 2011.
 
Cecilia Bartoli su Repubblica
13.01.2012

Cecilia Bartoli su Repubblica

Leonetta Bentivoglio in un lungo articolo apparso ieri su Repubblica ci racconta Cecilia Bartoli in veste di direttrice del Festival di Salisburgo. Leggi l'articolo cliccando sulla foto.
 
Le Sinfonie di Beethoven dirette dal Riccardo Chailly sono "5 stelle - CD Amadeus" di gennaio
12.01.2012

Le Sinfonie di Beethoven dirette dal Riccardo Chailly sono "5 stelle - CD Amadeus" di gennaio

Un nuova, entusiastica recensione dedicata all'integrale beethoveniana diretta da Riccardo Chailly è apparsa sul numero di gennaio del mensile "Amadeus". Il critico Massimo Rolando Zegna assegna "5 stelle - CD Amadeus" ad una registrazone che continua ad ottenere giudizi entusiasmanti oltre che un successo di pubblico che ha portato questo box per ben 3 settimane nella classifica pop dei dischi più venduti. Partendo dall'approccio stilistico definito dallo stesso Chailly come la "quarta via", Zegna sottolinea come la "prima integrale delle Sinfonie si concretizza attraverso il blasone della Gewandhauoschester di Lipsia...ma soprattutto la compattezza e il virtuosismo. Su tempi impossibili, improbabili per i mezzi strumentali di allora, la compagine tedesca offre una prova tecnica e di forza assolutamente impressionante. Feroce sono l'incisività e la determinazione". E conclude "Il paradosso è che proprio una scelta storicistica a dare l'impulso maggiore a un'interpretazione pienamente moderna che di storicistico ha ben poco: la quarta via, appunto, come vuole Chailly".
 
Thomas Quasthoff annuncia il suo addio alle scene
11.01.2012

Thomas Quasthoff annuncia il suo addio alle scene

E’ di oggi la notizia che Thomas Quasthoff, basso/ baritono tedesco, dice addio al palcoscenico mettendo fine alla sua brillante carriera di cantante durata poco meno di 40 anni. Lo stesso Quasthoff dichiara, “ Dopo quasi 40 anni, ho deciso di ritirarmi dal palcoscenico. La mia salute non mi permette più di mantenere gli alti standard che mi sono sempre prefissato. Devo moltissimo a questa straordinaria professione e la lascio senza amarezza alcuna. Al contrario, sto guardando avanti, alle nuove sfide che entreranno nella mia vita. Vorrei ringraziare tutti i miei compagni musicisti, con cui ho condiviso il palcoscenico, tutti gli organizzatori e il mio pubblico per la fedeltà dimostratami.” Thomas Quasthoff continuerà a dedicarsi intensamente alle nuove generazioni di cantanti continuando ad insegnare presso l’Accademia musicale di Berlino Hanns Eisler e conducendo master classes. Si è dedicato al genere dei Lied per anni. Questa devozione gli ha ispirato “Das Lied”, una competizione canora che dal 2009 presiede come direttore artistico. Sarà inoltre possibile vederlo nuovamente sul palcoscenico come moderatore, oltre che nel nuovo talk show “Thomas Quasthoffs Nachtgesprache” alla Konzerthaus di Berlino. Thomas Quasthoff è stato artista esclusivo per Deutsche Grammophon per oltre dieci anni. Tre dei suoi CD si sono aggiudicati un Grammy Award, mentre altre sei registrazioni sono state insignite di un Echo Award. Ha ricevuto numerosi premi, nazionali e internazionali, inclusi un’ Onorificenza della Repubblica Federale tedesca nel 2005, la Medaglia d’Oro della Royal Philharmonic Society di Londra e il Premio Herbert von Karajan di Baden-Baden.
 
Gli Années de pèlerinage di Liszt interpretati da Prosseda 5 stelle Amadeus
11.01.2012

Gli Années de pèlerinage di Liszt interpretati da Prosseda 5 stelle Amadeus

In coda alle celebrazione per l'anno Lisztiano, una splendida recensione su Amadeus per l'ultimo disco di Roberto Prosseda. "La sensibilità non comune del pianista di Latina snuda con acume musicale di prim'ordine quello che di fatto è il diario di viaggio di un artista incantato e rapito dalla poesia di colossi come Dante e Petrarca, piuttosto che dalla somma arte figurativa rianscimentale. Perciò brani come Sposalizio, ispirato allo Sposalizio della Vergine di Raffaello, o il Penseroso, la cui fonte di creazione è la statua di Michelangelo sulla tomba di Lorenzo de' Medici, scorrono sotto le nostre orecchie come "apparizioni" in un'ideale galleria d'arte. E poi c'è tutta la finezza di un Liszt ove colore e pensiero fungono da leve trainanti, e la tecnica fa solo da supporto. Con timbriche che già hanno in serbo molto del Debussy e del Ravel di là da venire, o di Musorgskij nelle materiche eppure spiritualissime Deux Légendes che, con l'Ave Maria, siglano il cd." Nicoletta Sguben
 
Ramin Bahrami ha presentato in anteprima ieri sera a L'Infedele il Preludio della Suite Inglese n. 4
10.01.2012

Ramin Bahrami ha presentato in anteprima ieri sera a L'Infedele il Preludio della Suite Inglese n. 4

J. S. BACH – LE SEI SUITE INGLESI BWV 806-811 La denominazione di inglesi data alla sei Suite BWV 806-811 (1715-1721 ca., 1805) risale a Nikolaus Forkel, il primo biografo di Bach. Il Forkel disse che la raccolta era stata commissionata a Bach da un inglese “di alto rango”: da cui, ovviamente, la denominazione. Siccome l'autografo era andato disperso, e siccome per il musicologo è misura di cauta prudenza non fidarsi mai interamente di chi scrive di un autore scomparso da più di cinquant'anni, l'asserzione del Forkel venne per così dire posta in parentesi. Ma più tardi una piccola scoperta fece pensare che in quelle “inglesi” doveva forse esserci qualcosa di vero. Venne infatti ritrovata una copia manoscritta delle Suite n. 1 che risaliva a circa il 1750 e che era stata in possesso di Johann Christian Bach, il figlio minore nato nel 1735 e che alla morte del padre era quindicenne. In questa copia c'era scritto, in francese, “fatta per gli inglesi”. La denominazione tradizionale veniva dunque testimoniata in un momento in cui Bach era ancora vivente o era scomparso da poco, e proveniva dall'ambito familiare. Anche il Forkel aveva pescato le notizie di cui si era servito nella biografia in un ambito familiare, perché aveva interpellato Wilhelm Friedemann e Carl Philipp Emanuel, i due figli di Bach più anziani di Johann Christian. C'è quindi una pur esilissima base documentaria sulla quale si può costruire una realtà virtuale che non sembra del tutto inverosimile. Si è notato inoltre che l'ascesa al trono inglese del re Giorgio di Hannover, avvenuta nel 1714, aveva stabilito legami più stretti fra l'Inghilterra e la Germania, tanto più perché la figlia di Giorgio I era la madre di Federico, il futuro Federico il Grande di Prussia nato nel 1712. Non è dunque impossibile che un inglese “di alto rango” amante della musica abbia girovagato per le piccole corti tedesche e sia capitato a Cöthen e vi abbia conosciuto e ammirato Bach. Siccome poi, quando ci si butta nel virtuale, la fantasia non conosce più limiti, si può anche supporre che l'inglese sia rimasto colpito dal fatto che Bach conosceva le Suite di Charles Dieupart, clavicembalista francese che dal 1700 circa viveva a Londra e che vi era diventato famosissimo. Il Preludio della Suite inglese in La, vedi caso, sfrutta una Giga del Dieupart, e la prima versione di questa Suite è sicuramente anteriore al 1717. Quindi, la storia del ricco inglese che si prende e si porta via le sei Suite dopo aver convinto Bach a scriverle – dietro compenso, s'intende – può essere messa lì con qualche probabilità che corrisponda al vero. Resterebbe solo da ritrovare i registri dei viaggiatori capitati a Cöthen quando ci viveva Bach, e verificare se ci sia menzionato qualche inglese. Ma se l'inglese, invece di scendere in una locanda, fosse stato ospite di un aristocratico locale, il suo nome si sarebbe volatilizzato per sempre. La novità delle Suite inglesi, rispetto alle Suite francesi, è rappresentata dal Preludio che apre ogni suite: novità importante, messa in evidenza già dalla copia in possesso di Johann Christian Bach che ho prima citato, e che così recita: “Suite 1 con Preludio”. Altro fatto significativo: eccettuato il primo, tutti i Preludi sono composti secondo lo schema del concerto grosso italiano, con alternanza di tutti e di soli, cioè esattamente quello che Bach avrebbe fatto poi nel primo movimento del Concerto italiano. Preludio e quattro danze canoniche, con non più di un inserimento in ciascuna suite di altre danze: bourrée nella prima e nella seconda suite, gavotta nella terza e nella sesta, minuetto nella quarta, passepied nella quinta. Tutte danze francesi e, nei Preludi, stilemi italiani. La mancanza della Anglaise che troviamo nelle Suite francesi, se diamo fede alla storia raccontata dal Forkel, ci sorprende un po' e ci rimette una pulce nell'orecchio.... Come ho già detto, della Suite inglese n. 1 in La maggiore esiste una prima stesura, più semplice di quella definitiva. Il Preludio è in entrambi casi il rifacimento di una Giga di Dieupart, rifacimento che nella seconda versione si stacca maggiormente dall'originale. Bach riprende tale e quale la prima parte della Giga e compone ex-novo la seconda parte, arricchita in senso contrappuntistico nella seconda versione. Rispetto ai successivi, questo Preludio è molto breve. Nella Suite n. 1 si nota soprattutto la presenza di due Correnti, la seconda delle quali con due variazioni (double, doppio). L'insieme della scrittura è arcaicizzante, e certi suoi tratti ricordano la suite per liuto, che storicamente precede la suite per clavicembalo. La relativa estraneità della Suite n. 1 nel contesto della raccolta è messa anche in evidenza, oltre che dal Preludio di tipo diverso, dal piano tonale generale. Dalla Suite n. 2 alla Suite n. 6 troviamo questo seguito di tonalità, chiaramente intenzionale perché copre una quinta discendente: la, sol, Fa, mi, re. Il La della Suite n. 1 non può rientrare in questo schema. La Suite inglese n. 2 in la minore si apre con un ampio e robusto Preludio, in gran parte a due voci, suddiviso in episodi di tutti e di soli, e con riesposizione finale del primo episodio, caratteristica che, come ho già detto a proposito del primo movimento del Concerto italiano, lascia intravvedere la forma circolare, non la solita forma chiusa. La Sarabanda è presentata in due versioni, la prima lineare, la seconda ornamentata. Non è chiaro se entrambe le versioni siano da eseguire con i ritornelli o se la seconda debba nei ritornelli subentrare alla prima. Le opinioni divergono, ma la bellezza del pezzo è tale che anche la soluzione più radicale – esecuzione di entrambe le versioni con i ritornelli – non crea stanchezza nell'ascoltatore. La Suite inglese n. 3 in sol minore inizia con un Preludio ancora più “concerto grosso” di quello della Suite in la. Splendida composizione, di stile e di carattere sinfonico. In tutta la Suite Bach esalta l'ethos della tonalità di sol minore, atta a recepire forti situazioni drammatiche. Basta pensare ai Preludi e fuga in sol sia del primo che del secondo libro del Clavicembalo ben temperato per avere un'idea di ciò che il sol minore rappresentava per Bach. E in questo senso il cuore della Suite n. 3 si trova nella Sarabanda – anch'essa in due versioni –, implorante e tragica. Fra la Sarabanda armonicamente densa e la Giga molto elaborata contrappuntisticamente Bach colloca le due Gavotte (la seconda in Sol), leggere, aeree, che “evadono” dal clima corrusco della Suite senza veramente contraddirlo. Le due Gavotte, separate dal contesto, come le due Gavotte della Suite n. 6, furono molto note nell'Ottocento e, rese dagli interpreti con grazia e con charme, diedero al pubblico l'immagine antistorica di un Bach rococò. La Suite inglese n. 4 in Fa maggiore riprende i modi espressivi franchi e bruschi della Suite n. 2. Il Preludio porta nelle copie più antiche l'indicazione vitement (velocemente) perché, credo, il tema principale avrebbe potuto tollerare una esecuzione in tempo moderato che ne avrebbe però alterato il carattere. Anche qui viene enfatizzato l'ethos, gaio, del fa maggiore. La scrittura è di volta in volta contrappuntistica o armonica, e molto virtuosistica nella Giga finale. Il Minuetto II è in re. La Suite inglese n. 5 in mi minore è caratterizzata da un Preludio fugato, molto ampio e ritmicamente molto serrato, e dai due Passepied, che rappresentano un ricalco stilistico delle musiche clavicembalistiche francesi – D'Anglebert, François Couperin, Dieupart, Du Mage, de Grigny, Marchand – che Bach aveva collezionato e che teneva nella sua biblioteca, da lui detta “apparatus”. La Giga è costruita su un tema cromatico fra i più icastici di Bach. La Suite inglese n. 6 in re minore, oltre alle quattro danze canoniche comprende, come ho già detto, la gavotta con il suo “alternativo”: Gavotta I, Gavotta II, Gavotta I. Graziosissima la Gavotta I, più che graziosissima la Gavotta II, costruita al modo della musetta, cioè del pezzo per cornamusa (della Gavotta II si ricordò Schönberg nella Musetta della Suite op. 25). La grazia un po' fanée delle Gavotte controbilancia da una parte, nell'equilibrio generale della suite, la profonda e grave emotività della Sarabanda e della sua variazione, Double, e controbilancia dall'altra parte la rudezza e direi la violenza della Giga. Il Preludio, di proporzioni monumentali, è stilisticamente ancora un primo movimento di concerto grosso, ma con introduzione in movimento lento e Allegro fugato. L'Allemanda e la Corrente, che non presentano aspetti atipici, alleggeriscono la tensione formale del Preludio e il turgore emotivo della Sarabanda. La drammaturgia complessiva della Suite n. 6 ricorda dunque così quella di una grande orazione condotta secondo le regole auree della retorica classica. La questione dello strumento da utilizzare aveva preso alla fine del Novecento una piega tale, inconcepibile alla metà del secolo, che nel 1999 un clavicembalista come Robert Levin ritenne preferibile servirsi del pianoforte moderno per la registrazione delle Suite inglesi. Ciò, credo, basta per far capire in qual modo l'ultima generazione dei filologi abbia preso a considerare lo strumento come, appunto, strumento, non come timbro di valenza strutturale. Piero Rattalino Su gentile concessione della Zecchini Editore, da Piero Rattalino, Guida alla Musica Pianistica, Varese, 2012, www.zecchini.com. Il disco delle Suites Inglesi sarà disponibile dalla fine di febbraio.
 
Alexis Weissenberg ci ha lasciato
10.01.2012

Alexis Weissenberg ci ha lasciato

Un altro grande artista ci lascia: è infatti morto l'8 gennaio, all'età di 82, anni il Maestro Alexis Weissenberg.Vittima delle persecuzioni naziste negli anni della seconda guerra mondiale, il grande pianista si affermò definitivamente negli anni '60, stabilendo un'importante partnership artistica con Herbert von Karajan e i Berliner Philharmoniker. Numerose le sue incisioni per l'etichetta Deutsche Grammophon. Segnaliamo in particolare la sua presenza come interprete di alcuni concerti beethoveniani all'interno del box Beethoven-Karajan, pubblicato nel novembre dello scorso anno dall'etichetta gialla.
 
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